Dopo Fonte Cerreto si percorre per circa 10 km. la SS 17 bis direzione Campo Imperatore.
Prima di un 1,5 Km prima del bivio per Castel del Monte, Farindola, Castelli, Albergo Rifugio della Vetica sulla sinistra vi sono diversi sentieri polverosi e sassosi che portano sotto il monte Camicia e monte Prena che già da lontano mostrano la loro imponenza.
Bisogna andare con le macchine giuste altrimenti si rischia di rovinare la coppa dell’olio.
Il segreto è prendere il sentiero giusto e andare piano piano evitando buche e piccoli avvallamenti.
Si parcheggia avendo davanti a destra il verdeggiante Camicia e a sinistra l’arso e sassoso Prena.
Ed ecco subito una piacevole considerazione. Il vicino monte Camicia appare, dal lato sud, facilmente accessibile dal Vallone di Vradda.
E’ incredibile che, dal suo lato nord, la scalata appare impossibile per via della sua ripidissima morfologia.
Viene chiamato l’Eiger dell’Appennino.
Sabato 24 giugno 2017, otto persone del Cai di Tivoli ed uno del Cai di Roma, guidati da Gianfrancesco Ranieri, sotto un sole impietoso si accingevano a scalare dalla via dei laghetti.
La primissima parte è facile come una passeggiata e si arriva sopra l’ex miniera di bitume o lignite oramai abbandonata.
Però appare evidente una sinistra conformazione: più in basso un fiume di terra e pietre avvallate da precedenti precipitazioni piovose.
Più in alto si scopriranno strette vie e canyon che, in caso di abbondanti piogge, convogliano con tutta la furia le acque meteoriche.
Ancora riecheggia nella memoria tragedie di escursionisti che non si sono avveduti dei gravi rischi in caso di violente precipitazioni.
La via dei laghetti si mostra con discrezione con una bella sorpresa per tutti.
Nonostante il caldo africano ci sono numerose cascatelle e tutte le pozze sono colme di acqua limpida e gelida.
Più sopra parecchi nevai occupano tutto lo spazio a disposizione per gli escursionisti; senza corde, cordini, imbraghi e assicurazioni diventa impossibile proseguire per questa via.
Salire dalla via dei laghetti vuol dire affrontare una scalata che va ben oltre l’escursionismo e si avvicina di molto ad una di alpinismo con passaggi di III.
IL percorso è ben segnalato con i colori rossi e gialli.
Si lascia a sinistra la targa “Via Cieri” che porta al monte Infornace. I primi passaggi sono facili e divertenti poi la prima difficoltà. Un sentiero dove ci si deve arrampicare con le mani e le punte degli scarponi sia ai lati che al centro del passaggio.
Per fortuna la roccia è bianca, liscia e compatta con piccoli pertugi e irregolarità che consentono un discreto appiglio.
E subito ci si trova tra torrioni e pinnacoli rocciosi e secchi come la gola di chi si avventura sotto un sole cocente.
Il segreto in questi casi è bere poco ma spesso così pure per il cibo.
Ad un certo punto ci si trova in uno stretto pertugio dove sopra appare una freccia rossa che indica la strada: destra. Ma quella strada è uno stretto passaggio dove con lo zaino in spalla diventa quasi difficile oltrepassarlo.
Con qualche difficoltà siamo passati tutti senza però prima toglierci il gusto di verificare che a sinistra (della freccia) il passaggio non c’è.
Poco dopo lo scenario cambia di nuovo. Dai pinnacoli si passa ad un terreno pietroso, arso ed arido con gli appigli che quasi si frantumano tra le mani o le punte degli scarponi.
Ancora nevai e pietre sino ad un crinale che lascia intravedere la cima, a sinistra, ma la pendenza ed il terreno sdrucciolevole rallenta il passo.
Prima di arrivare in cima faccio in tempo a fotografare le stelle alpine, così rare, così carnose, così attraenti.
Su tutto il percorso vari tipi di genziane dal colore blu elettrico sgargiante.
Poi, sotto la cima, delle coccinelle tutte stranamente immobili che si crogiolavano al sole.
Come sentinelle a difesa della parte più alta e nobile del monte.
In cima ci ha sorpreso un vento e una pioggiarella rinfrescante.
Una volta in cima si può ammirare la piana di Campo Imperatore, la Majella in lontananza e dall’altro versante tutte le colline del Teramano, il mare allo sfondo, il Corno Grande e nel mezzo tutta la cresta del Centenario.
Durante la discesa abbiamo scorto un gruppo di stambecchi o camosci abruzzesi.
Si riconoscono, gli abruzzesi, per la testa molto dura…..
La via del ritorno più agevole è verso i pratoni del Ferruccio segnalata dalla scritta “Vado Ferruccio” che riporta verso il punto di partenza.
Una considerazione: una volta in cima ero tra i primi tre, tutti maschi, ci siamo guardati in segno di ammirazione ma senza troppo indugiare.
Poi pian piano sono sopraggiunte le donne.
Saluti, baci, abbracci per aver raggiunto la cima.
Solo allora ho realizzato di esserci arrivato.
Brave!
Come sempre donano un tocco diverso, migliore, più adeguato alla situazione.
Non devono mai mancare in questi casi.
Monte Prena, laghetti, stelle alpine, scalate, ghiaccio, camosci. Di più non si poteva proprio sperare.
Stefano Rossi